Cenacolo con Anna Maria Tarantola Presidente sezione italiana e presso la Santa Sede della Société des Membres de la Légion d’Honnueur

Cenacolo con Anna Maria Tarantola Presidente sezione italiana e presso la Santa Sede della Société des Membres de la Légion d’Honnueur

Cenacolo con Anna Maria Tarantola Presidente sezione italiana e presso la Santa Sede della Société des Membres de la Légion d’Honnueur

Si è svolto a Milano presso l’Hotel Westin Palace, giovedì 25 maggio alle ore 19 il Cenacolo con Anna Maria Tarantola sul tema “Corporate Governance ed il ruolo della donna”.

 Anna Maria Tarantola, già presidente della Rai e Vice direttore generale della Banca d’Italia, è attualmente Membro del Consiglio di Amministrazione di Praesidium SGR, Be Consulting, Fondazione Centesimus Annus, Componente Consiglio Direttivo di Fondazione Bambin Gesù, Fondazione Giorgio Cini e Presidente sezione italiana e presso la Santa Sede della Société des Membres de la Légion d’Honnueur.

INTERVENTO ANNA MARIA TARANTOLA

Il tema scelto tocca due aspetti a mio avviso rilevanti per il successo delle imprese in un mondo complesso in continua e turbolenta evoluzione: Governance e presenza femminile nelle posizioni di vertice delle imprese.

Un buon governo, presidio fondamentale per capire i mercati, per saper cogliere le nuove esigenze e saper tempestivamente modificare modalità  produttive, luoghi di produzione e di vendita. Oggi ad esempio è indispensabile partecipare alle Catene Globali di Valore e sape cavalcare con successo la 4 rivoluzione industriale, quella digitale e robotica.

Queste trasformazioni richiedono alle imprese coraggio, lungimiranza e flessibilità  per reagire prontamente ai nuovi contesti:

  • modificando il modello di business,
  • acquisendo competenze nuove, anche femminili,
  • adottando modelli organizzativi flessibili

mantenendo alta l’attenzione al rispetto delle regole e a corrette relazioni con i dipendenti e con tutti gli stakeholder.

Un buon governo dall’impresa trae vantaggio da una maggiore presenza femminile nei board e nell’ambito dirigenziale. Molti studi lo dimostrano.

Le loro caratteristiche di pazienza, minore aggressività , intuizione, concretezza, prudenza, capacità  di mediare, di ascoltare, di relazionarsi sono particolarmente utili nei momenti di transizione e di aumento dei rischi, sono fattori di vantaggio competitivo, riconosciute ed apprezzate dalle imprese più innovative.

Buon governo e più donne ai vertici delle imprese è un binomio vincente.

Nelle mie riflessioni di questa sera assumo un concetto allargato di governance che comprende:

  • i rapporti tra gli azionisti e tra questi e gli organi aziendali,
  • il funzionamento degli organi amministrativo, esecutivo e di controllo,
  • le relazioni tra il CdA e i responsabili della gestione aziendale,

L’ amministratore Delegato in primis,

  • la gestione dei conflitti di interesse,
  • i sistemi di remunerazione,
  • il sistema dei controlli Interni (SCI),
  • l’assetto organizzativo, macro e micro struttura, ruoli, responsabilità, riporti, procedure, regole interne,
  • stile di leadership (dominante o partecipativo),
  • cultura aziendale.

Non voglio fare una disamina teorica del tema del governo aziendale ma condividere con Voi alcune lezioni che ho tratto dalla mia esperienza di supervisione e di presidente di un CdA.

  1. La qualità del governo/gestione di una impresa – qualunque sia il settore di attività è veramente essenziale per il successo dell’impresa stessa, per la sua solidità , competitività e produttività . Un cattivo governo porta inevitabilmente al fallimento (alcuni casi).
  2. Il modo in cui si declinano concretamente i rapporti tra azionisti e organi aziendali è pure rilevante: gli azionisti devono essere messi in grado di svolgere il loro ruolo e di godere di adeguata tutela in caso siano azionisti di minoranza, devono ricevere ampie e complete informazioni. Nello stesso tempo gli azionisti devono svolgere compiutamente il loro ruolo: controllando l’operato degli amministratori, facendo sentire – quando c’è bisogno – il peso del loro voto. Ruolo dei Consiglieri indipendenti. Purtroppo ancora oggi è diffusa l'”apatia” dei soci e il loro desiderio di guardare solo ai dividendi. In questo senso guidati anche dai mercati.
  3. L’organo amministrativo deve fissare gli obiettivi strategici e verificarne la corretta e compiuta attuazione (no a deleghe in bianco), deve definire le politiche di identificazione, gestione, mitigazione e monitoraggio dei rischi e vigilare sul corretto funzionamento dell’azienda. Deve anche definire chiaramente, ex-ante, gli obiettivi operativi e i livelli di rischio ritenuti adeguati e sostenibili (cfr. anche modello organizzativo ex L 231). In un’mondo in veloce trasformazione il CdA può avere un ruolo chiave nel valutare e stimolare adeguatezza/sensibilità senso di urgenza rispetto ai cambiamenti a partire dalla composizione manageriale.
  4. Per un buon funzionamento del Consiglio, che non è solo numero delle riunioni, durata, ecc. ma soprattutto qualità dell’apporto di indirizzo, controllo e di scelte strategiche sono opportune alcune condizioni:

4a) professionalità  dei membri che devono possedere competenze appropriate alle caratteristiche dell’impresa; ricordo la capacità di saper conciliare controlli e tutele con l’ottenimento di risultati di bilancio positivi, la capacità  di saper valutare un business plan e sensibilità  ai mercati, l’orientamento al rispetto delle regole esterne ed interne, l’esperienza internazionale, la capacità  di porsi e di fare domande. A proposito di professionalità  il Board di Lehman Brothers, banca fallita nel 2008, comprendeva un ammiraglio in pensione, un produttore teatrale e, sino al 2000, un’attrice ottantenne.

4b) diversificazione della composizione per competenze/professionalità , genere, etc . Avere persone diverse è importante per assicurare dialettica e scelte migliori e meditate, cioè valutate sotto diverse angolature e sensibilità . La diversità  va ricercata concretamente avendo presente la reale operatività  dell’impresa. La scelta per merito è senz’altro la strada maestra (purtroppo non sempre seguita).

4c) disponibilità  di informazioni complete, di qualità , tempestive. Spesso vengono presentate al CdA informazioni, su operazioni anche complesse oggetto di delibera, con molto ritardo e senza sottilinearne le eventuali controindicazioni e/o i rischi connessi. In questo modo i consiglieri non vengono messi nelle condizioni di assumere decisioni ponderate e consapevoli. Dovrebbero rifiutarsi di deliberare ma sono di sovente sottoposti ad una specie di “ricatto” perchè l’operazione è definita strategica, i termini per effettuarla stanno per scadere e il non farla comporterebbe un danno per l’azienda.

4d) autovalutazione. E’ un esercizio ancora poco diffuso, visto con scetticismo. E’ invece molto utile per migliorare la funzionalità  dell’organo amministrativo a condizione, però, che vanga svolta in modo convinto, serio ed approfondito attraverso un’analisi sincera e coraggiosa che porti ad individuare le aree di criticità  e a porvi rimedio.

  1. Il ruolo attivo del Presidente è essenziale. E’ lui il primo responsabile del buon funzionamento del CdA. Deve svolgere il suo ruolo con determinazione ed equilibrio, evitando sia di essere “succube” del capo azienda sia di sostituirsi allo stesso. Anche le società  di consulenza rilevano che quando il Presidente è autorevole, crede in una buona governance e si adopera per far funzionare bene il board i miglioramenti di performance sono tangibili. Il Presidente deve coinvolgere tutti i consiglieri, fare in modo che le informazioni pervengano in modo tempestivo, completo e accurato, fissare l’agenda per tempo dando priorità  alle scelte strategiche. In questo modo le cose funzionano meglio.
  2. Le relazioni tra l’organo consiliare e i responsabile della gestione aziendale devono essere regolati da un adeguato sistema di pesi e contrappesi. Vanno assolutamente evitate forme di commistione di ruoli, incertezze e ambiguità.
  3. La funzione esecutiva come quella amministrativa, deve essere caratterizzata da comprovata capacità  professionale e gestionale – può sembrare un ovvietà  ma non lo è – e da indipendenza, (che non vuol dire anarchia), deve essere messa al riparo da indebite intromissioni e ingerenze.
  4. L’uomo solo al comando ha certamente dei vantaggi ma può essere un pericolo se non controbilanciato da un CdA competente e coinvolto che svolga efficacemente il suo ruolo di indirizzo e di controllo e da un Presidente super partes attento e presente.
  5. I sistemi di remunerazione impattano fortemente sul buon governo. Ora nelle società quotati ci sono i Comitati Remunerazioni e Nomine che hanno il ruolo di definire politiche di remunerazioni corrette, sostenibili e di lungo periodo. La loro funzione è molto importante e delicata: conciliare le aspettative dei dirigenti con gli interessi dell’azienda, definire adeguati incentivi, evitare visione corta. Il tema della “giusta” remunerazione vale anche per le non quotate.
  6. Adeguata ed efficace organizzazione. Sul fronte organizzativo siamo di fronte ad un dilemma: da un lato essere capaci di dar vita a modelli agili, veloci, flessibili e dall’altro adottare procedure che garantiscano la tracciabilià  dei processi e le connesse responsabilità , avere puntuali norme interne, chiare, semplici e affidabili, puntare ad una condivisa, diffusa e applicata cultura della legalità  e una efficace gestione dei rischi. Non è burocrazia, è una esigenza per ridurre i rischi operativi, legali e di reputazione che quando si avverano possono comportare il fallimento stesso dell’azienda. Quindi attenzione al business unita all’attenzione all’adeguatezza organizzativa e al SCI.

La mia esperienza mostra che non sempre la Governance si declina secondo i dieci aspetti sopra indicati. Ad esempio:

  • In alcuni casi organi o singoli esponenti esercitano ruoli non propri sovrapponendosi ad altri o delegando impropriamente le proprie prerogative,
  • Ruoli, responsabilità e riporti sono declinati in modo vago e confuso,
  • Le informazioni, come ho già detto, arrivano tardi agli organi decidenti e talora sono parziali,
  • Le analisi di contesto sono carenti,
  • Non tutte le procedure sono formalizzate,
  • Le professionalità/competenze/ non sono allineate alle esigenze,
  • Le verbalizzazioni delle riunioni degli organi collegiali sono eccessivamente sintetiche e non danno conto dell’apporto dei singoli componenti e delle varie posizioni assunte,
  • Il tempo dedicato alle questioni rilevanti è limitato.

In particolare la composizione degli organi collegiali spesso non è sufficientemente diversificata. Le donne, nonostante la legge sulle quote di genere, che pure ha portato ad indubbi miglioramenti, sono ancora poche, soprattutto sono sottorappresentate nei Comitati che contano. Sono poche le donne che ricoprono ruoli dirigenziali. In generale ci sono ancora diffidenze e stereotipi da superare. E questo è un peccato perchè, come emerge da varie ricerche (Banca d’Italia, FMI, ecc.) più donne nei ruoli chiave comporta più produttività, migliori risultati, minore rischiosità , aziende più solide e stabili. Avere più donne nei CdA determina un migliore funzionamento degli stessi e maggiore attenzione ai rischi. Avere più donne manager in ruoli rilevanti determina crescita della redditività e delle quotazioni. Sono risultati importanti.

Non vedo, non ho mai visto uomini e donne in contrapposizione ma come alleati: in famiglia, in azienda, nella società . E’ questa la principale soddisfazione della mia esperienza lavorativa: aver collaborato con gli uomini, su un piano di parità  (non mi sono mai sentita nè migliore nè inferiore), per il conseguimento di obiettivi comuni, continuando ad essere donna, senza abdicare alle caratteristiche femminili. Queste caratteristiche, se conservata, servono per avere un’ottica diversa, sensibilità  diverse e anche per tener conto e valorizzare i talenti delle altre donne.

Si parla spesso di più potere alle/delle donne. Francamente è un termine che non mi piace, è tipico della cultura maschile.

Preferisco parlare di più ruoli di responsabilità  alle/delle donne. Perchè sentire di avere responsabilità, non il potere- e questo vale anche per gli uomini ovviamente – di un settore, un’area, un’impresa, un ente pubblico, di governo o parlamentare, ti guida nell’azione, nella scelta degli obiettivi e dei progetti da avviare e realizzare, effettuando scelte che soddisfino il bene di tutti.

Gli stereotipi sono all’origine di un fenomeno: spesso non conosciuto, non percepito e pertanto difficile da combattere: la cd. “discriminazione implicita”, non coscientemente voluta ma esistente che porta a scelte a sfavore delle donne (es. selezione violinisti orchestra, test dall’ingresso BI).

Gli stereotipi escludono le donne e ne alimentano l’autoesclusione.

Costituiscono una barriera sottile ma forte tanto da compromettere il perseguimento di una equità reale, sia orizzontale (pari trattamento a parità  di capacità ) che verticale (uguali opportunità  di carriera a parità  delle capacità ). Molti temono che per effetto della discriminazione implicita e degli stereotipi al venir meno dell’obbligo temporaneo della legge Mosca-Golfo sulla parità  di Genere la situazione possa regredire e il numero delle donne nei board diminuire.

Termino questa mia testimonianza accennando ad un aspetto che mi sta particolarmente a cuore. Una buona governance deve essere responsabile verso gli azionisti, i dipendenti, i clienti, i fornitori, le comunità , le istituzioni, l’ambiente, e deve rendere conto dell’operato dell’azienda in modo chiaro e trasparente. Si parla molto di Responsabilità Sociale dell’Impresa (RSI), non so quante imprese agiscano concretamente avendo a cuore l’interesse non solo proprio ma di tutti gli stakeholder. Mi piacerebbe che al tanto parlare di RSI corrispondessero comportamenti coerenti. Del resto alcuni studi mostrano che le aziende che hanno cura e si preoccupano del bene di tutti coloro che interagiscono con le aziende stesse hanno migliori risultati: quindi essere socialmente responsabili conviene, è una scelta intelligente.

Termino con una citazione tratta dalla Dichiarazione del G20 tenutasi a Londra nel 2011:

“Tutto il sistema di governo delle banche deve essere (ri)orientato verso la solidità della gestione e il rispetto della nuova “responsabilità sociale”.

Credo che valga per le banche come per qualsiasi tipo di impresa. E’ una raccomandazione su cui vale la pena riflettere.

Anna Maria Tarantola